La falcidiabilità dell’IVA nell’ambito delle procedure da sovraindebitamento L. 3/12. Un breve commento all’importantissima sentenza della Corte Costituzionale n. 245/2019

Il Tribunale Ordinario di Udine, in composizione monocratica, ha sollevato, in merito agli artt. 3 e 97 Cost., una questione di legittimità costituzionale sull’art. 7, c. 1, terzo periodo, della L. 3/12 in materia di crisi da Sovraindebitamento, implicanti la non falcidiabilità dell’IVA nella materia in questione.

Il giudizio principale si basava su un ricorso atto ad ottenere l’ammissione e conseguente omologazione di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Il piano proposto ai creditori prevedeva la soddisfazione solo parziale dei crediti concorsuali, tutti indistintamente collocati in capo al chirografo, compresi quelli privilegiati. Significativo risultava la questione per cui tra i crediti privilegiati figuravano anche le somme da pagare all’erario a titolo di imposta sul valore aggiunto.

Secondo quanto previsto dall’art. 182 ter della Legge fallimentare, l’adempimento legato all’IVA può essere oggetto solamente di dilazione e mai di parziale decurtazione, a differenza delle altre ragioni di credito tributarie soggette alla falcidia dell’IVA.

Detta norma, però, non detta una specifica regola che possa eccezionalmente derogare ad un principio generale, come quello di cui ai sensi dell’art. 160, comma 2, il quale costituisce diretta declinazione, in relazione alle pretese tributarie, della regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati, prevista nei casi di concordato preventivo.

Il principio anzi detto, che è espressione tipica delle procedure concorsuali con finalità esdebitatoria, risulta essereribadito anche per gli strumenti di definizione anticipata delle situazioni di sovraindebitamento che sono previsti dalla legge n. 3 del 2012.

La differenza di disciplina che caratterizzava dunque il concordato preventivo – per cui la falcidiabilità dell’IVA era possibile – e l’accordo di composizione dei crediti del debitore civile non fallibile – per cui non era invece possibile – dava luogo ad una ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tale da far sorgere la presente violazione dell’art. 3 Cost.

La Corte Costituzionale, intervenendo sul tema, ha così dichiarato“l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, terzo periodo, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento), limitatamente alle parole: «all’imposta sul valore aggiunto»”, nella parte in cui si nega al debitore sovraindebitato la possibilità di prospettare il pagamento parziale dell’IVA, a pena di inammissibilità del relativo ricorso.

Per effetto di tale importantissima pronuncia, pertanto, viene introdotto nel nostro ordinamento, una volta per tutte, il principio della falcidiabilità dell’iva anche nell’ambito delle procedure ex L. 3/12, questione che, prima di tale pronuncia, risultava particolarmente dibattuta e veniva decisa in modo non uniforme tra i vari Tribunali di merito con l’effetto che situazioni uguali venivano di fatto trattate in modo diverso.

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