Debito non pagato (es. mutuo, finanziamento o fatture impagate), cosa succede? Una guida breve in più puntate. Parte prima: diffida ad adempiere e messa in mora.

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Pubblichiamo il primo di una serie di articoli dedicati al debitore che non paga – per varie ragioni, spesso connesse a difficoltà economiche – ad esempio le rate di un mutuo, assunto presso un Istituto di Credito, o le fatture di un fornitore, quali casi che spesso si presentano nel nostro studio legale.

Spaventato da termini e atti mai visti, il cliente-debitore sovente evita di conoscere la funzione e le conseguenze di tali atti, senza opporvisi, anche laddove potrebbe.

Non di rado, infatti, vedendosi recapitare una lettera da parte di uno studio legale o una busta verde tipica delle notifiche di atti giudiziali, il debitore evita addirittura di ritirare la posta dalla propria cassetta o dalla Casa comunale, ritenendo in tal modo di poter evitare il perfezionamento di tali atti. Non è così. Ed infatti, anche se non ritirate dal destinatario, lettere di messa in mora o di diffida ad adempiere, così come notifiche di atti giudiziari (le c.d. buste verdi), sono comunque valide ed efficaci in danno al debitore, il quale, non ritirando tali comunicazioni, rischia di subirne solamente le conseguenze a propria insaputa, mentre, al contrario, ritirandole, godrebbe del vantaggio di essere puntualmente informato della strategia messa in campo dal proprio creditore e ben potrebbe difendersi per tempo, ad esempio nel caso in cui gli venisse richiesto il pagamento di un credito in realtà non dovuto, magari perché illegittimo o irregolare (si pensi al caso, ad esempio, di mutui colpiti da usura e anatocismo o di pagamenti riferiti a merce difettata).

La presente guida intende spiegare come si muovono i creditori per recuperare i propri crediti e quali siano le eventuali contromisure che il debitore può adottare per tutelarsi.

Solitamente il primo atto ad essere recapitato al debitore inadempiente è una lettera che può essere recapitata direttamente dal creditore (fornitore o istituto di credito) o dal legale del creditore, con la quale viene richiesto il pagamento entro un termine prestabilito. Tale lettera, in base al contenuto, può considerarsi una semplice messa in mora o una diffida ad adempiere. Vediamone le principali differenze.

La diffida ad adempiere

La diffida ad adempiere è una comunicazione scritta, che viene inviata dal creditore al debitore mediante raccomandata a/r o pec, con la quale il creditore intima al debitore il pagamento entro un termine per legge non inferiore ai 15 giorni, decorso il quale il contratto si considererà risolto di diritto ex art. 1454 c.c.. Tale diffida viene solitamente inviata in relazione a contratti che prevedono delle prestazioni continuative (es. in ambito di locazioni o di fornitura), al fine ultimo di sciogliere il rapporto obbligatorio in modo tale che chi sia sempre stato adempiente non sia tenuto a dover continuare ad assolvere alla sua obbligazione (ad es. continuare a fornire del materiale) qualora la controparte contrattuale si sia resa inadempiente (ad es. non sia in regola con i pagamenti pattuiti).

Se il debitore non adempie nel termine dato dal creditore l’effetto della diffida ad adempiere, come detto è lo scioglimento del contratto, cui seguirà certamente un azione di recupero del credito da parte del creditore che non si è vista pagata la propria prestazione.

La messa in mora

La messa in mora è una comunicazione con la quale il creditore intima per iscritto – tramite raccomandata a/r o pec – l’adempimento della prestazione di pagamento. A differenza della diffida ad adempiere, la normativa non prevede un termine minimo, pertanto il creditore, anche tramite suo legale di fiducia, può intimare il pagamento anche immediato e, nel caso in cui il debitore non si attivi immediatamente versando quanto richiesto, il creditore il creditore potrà agire giudizialmente per ottenere quanto dovutogli.

In caso di mancato pagamento di fatture o di mutui/finanziamenti il creditore agirà mediante invio di lettera di messa in mora, al fine di sollecitare l’adempimento in breve termine e crearsi il presupposto per poter quindi agire giudizialmente con il recupero del proprio credito con un’azione legale in Tribunale.

Nell’esempio delle fatture impagate del fornitore, l’invio della fattura accompagnato dalla richiesta di pagamento costituisce messa in mora. Nel caso del mutuo, di prassi, l’istituto di credito che ha erogato le somme procede con l’invio di messa in mora al debitore quando quest’ultimo abbia cumulato diverse rate impagate. Nello specifico, anche in base a protocolli interni che variano da istituto a istituto, l’ente creditore dapprima invia una comunicazione con la quale sollecita il pagamento delle rate di mutuo/finanziamento non versate e dei relativi interessi per poi procedere successivamente, quando l’inadempimento si sia fatto grave, a inviare messa in mora nella quale ai sensi dell’art. 1186 c.c. dichiara la parte mutuataria – e cioè il debitore insolvente – decaduto dal beneficio del termine, così mettendolo in mora non solo per le rate arretrate scadute e non pagate, ma chiedendo altresì il rientro dell’intero importo mutuato residuo oltre ai relativi interessi. Tale azione, nel caso di contratti di mutuo ma più in generale di contratti bancari di vario genere, comporta altresì l’automatica segnalazione del debitore inadempiente come cattivo pagatore nei circuiti bancari, tra cui in Centrale Rischi della Banca d’Italia, con tutte le conseguenze limitanti che questa segnalazione comporta in tema di accesso al credito per il soggetto segnalato. Tale segnalazione, come si dirà meglio successivamente in altro articolo di approfondimento, comporta spesso conseguenze gravi non solo per i privati ma anche e soprattutto per le società che potrebbero vedersi revocare ad esempio i fidi aperti anche con istituti di credito diversi da quello che ha compiuto la segnalazione e potrebbero vedersi revocare altri contratti bancari come lo sconto fatture salvo buon fine o altri finanziamenti proprio perché “bollato” come cattivo pagatore nei circuiti bancari.

La lettera di messa in mora, in sostanza, è il primo atto stragiudiziale (vale a dire compiuto fuori dal sistema giudiziario del Tribunale) che il creditore invia al proprio debitore, cui può seguire, in caso di protrarsi dell’inadempimento, un’azione giudiziale di recupero del credito che spesso consiste, come vedremo nei prossimi articoli in pubblicazione nelle prossime settimane, in notifica di decreto ingiuntivo, cui segue la notifica di atto di precetto e, infine di atto di pingoramento con il quale, sostanzialmente la legge autorizza il creditore ad espropriare con la forza tutti i beni mobili e immobili del debitore, presenti e futuri, ivi compresi casa di abitazione e redditi di qualsiasi genere secondo le regole disposte dal codice civile e di procedura civile.

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