Riforma Fallimentare: Nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

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Con la riforma viene completamente riscritta la Legge Fallimentare del 1942 e scompare anche il termine “fallimento” che viene sostituito con la “liquidazione giudiziale”. Significa che le aziende e gli imprenditori non saranno più definiti dei “falliti”, ma semplicemente attraverseranno dei periodi di crisi più o meno lunghi.

Lo scopo principale è quello di anticipare lo stato di crisi e di intervenire fino a quando è possibile, lasciando che la liquidazione giudiziale risulti l’ultimo momento.

L’obiettivo della riforma è, infatti, quello di creare le condizioni affinché l’imprenditore avvii le procedure di ristrutturazione preventivamente e quindi evitare che la crisi diventi irreversibile. In più si propone di emanare norme sistematiche che rendano più semplici le regole processuali, riducendo le incertezze interpretative e applicative.

Con la nuova riforma si cambia completamente ratio, che non sarà più la distribuzione del danno derivante dal mancato assolvimento dei crediti tra tutti i creditori alla luce del par condicio creditorum, ma sarà il recupero dell’azienda nel tessuto economico attivo della società. La crisi e l’insolvenza non segneranno necessariamente la fine dell’attività di impresa, ma saranno episodi fisiologici durante la vita della stessa.

Con la riforma del fallimento, vagliata dal Governo, verrà riformata in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali in maniera tale da consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese e salvaguardare la capacità imprenditoriale.

Le novità principali sono:

-si sostituisce il termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale” in conformità a quanto avviene in altri Paesi europei (come in Francia e in Spagna ad esempio) per evitare il discredito sociale e personale che si accompagna alla parola “fallito”;

-si dà priorità di trattazione alle proposte che assicurano la continuità aziendale;

-si uniforma e si semplifica la disciplina dei diversi riti speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale;

-si prevede la riduzione della durata e dei costi delle procedure concorsuali;

-si istituisce presso il Ministero della Giustizia un albo dei soggetti destinati a svolgere, su incarico del tribunale, funzioni di gestione o di controllo delle procedure concorsuali, con l’indicazione dei requisiti di professionalità esperienza e indipendenza necessari all’iscrizione;

-si armonizzano le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dell’occupazione e del reddito di lavoratori.

Ampliato anche l’alveo dei soggetti della nuova normativa; a parte gli enti pubblici, infatti, sono soggetti alla nuova normativa ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale[4], riunendo quindi tutte le categorie di imprenditore (anche quelle tradizionalmente escluse dal fallimento), oltre che la persona fisica che agisca come semplice consumatore, già oggetto della normativa sulla composizione della crisi da sovraindebitamento.

Oltre a ciò la riforma si propone di creare le condizioni affinché l’imprenditore avvii le procedure di ristrutturazione preventivamente, quindi prima che la crisi diventi irreversibile, attraverso un sistema di allerta.

Verranno introdotti meccanismi di allerta, i quali intervengono nel momento della manifestazione di eventuali segnali di possibile crisi, consentendo di attivare rimedi di tipo stragiudiziale e conciliativi in grado di risolvere la situazione attraverso negoziati, anche con una sola parte dei creditori.

L’articolo della 13 della riforma individua gli indicatori del dissesto finanziario, patrimoniale e reddituale che devono fungere da “campanello d’allarme”. Essi sono:

-il ritardo nei pagamenti delle retribuzioni dei dipendenti;

-il ritardo nei pagamenti dei fornitori;

-il superamento degli indici di bilancio, così come previsti ed elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti.

Quali sono i vantaggi per l’imprenditore?

Si prevede l’istituzione presso le Camere di Commercio di un organismo di composizione della crisi (sulla falsariga di quelli previsti dalla normativa sul sovraindebitamento), cui il debitore (o l’organo di sorveglianza preposto nelle società di capitali) può rivolgersi per trovare una soluzione concordata con i creditori, soluzione che deve essere concordata nel termine di sei mesi, altrimenti scatta la fase di liquidazione giudiziale vera e propria.

E’ altresì previsto un obbligo di segnalazione a tale organismo da parte delle agenzie fiscali e dell’INPS quando rilevino delle passività da parte delle imprese o di singoli, e anche questa è una novità rivoluzionaria, se si pensa che tendenzialmente l’Agenzia delle Entrate si guardava bene dal chiedere il fallimento di qualcuno, anche per esposizione milionarie.
Essendo l’intera normativa finalizzata al recupero ed alla continuità dell’impresa, gli strumenti principalmente utilizzati saranno gli accordi di ristrutturazione dei debiti, i piani di risanamento ed il concordato preventivo con continuità aziendale, con numerosi vantaggi e tutele per il debitore che si avvalga di questi strumenti, mentre la liquidazione dei beni sarà considerata l’extrema ratio, da attivarsi solo in caso di fallimento (è il caso di dirlo) di tutte le altre alternative.
In ogni caso il concordato liquidatorio sarà ammesso solo a condizione che assicuri il pagamento del 20% dei crediti chirografari.
Per accelerare le procedure sono state ampliati i compiti del Curatore e quindi le sue responsabilità, e correlativamente è stato aggravato il regime delle incompatibilità, oltre che i requisiti per la nomina.
E’ stato ampliato il vaglio dell’esdebitazione, che ora è previsto a prescindere dal risultato della procedura, purché il debitore abbia collaborato attivamente ed in buona fede con gli organi preposti.
E’ stato ampliato e specificato il panorama delle garanzie e delle tutele a favore dell’imprenditore che si avvalga della procedura, sulla falsariga di quelle previste dalla normativa sul concordato preventivo, quali (a titolo di esempio) la tutela da azioni esecutive da parte dei creditori, la possibilità di accedere a finanziamenti, vantaggi fiscali etc., oltre che della possibilità di avvalersi di garanzie non possessorie, in modo da consentire al debitore di continuare ad utilizzare beni produttivi.
Il testo della riforma prevede anche dei benefici penali in caso di bancarotta, sia semplice che fraudolenta, se l’imprenditore si attiva prontamente a segnalare la crisi aziendale.

Infatti, secondo l’articolo 324 della riforma, le disposizioni sul reato di bancarotta non si applicano alle operazioni compiute in esecuzione di concordato preventivo o altri accordi di ristrutturazione dei debiti.

In sostanza l’imprenditore beneficia di una causa di non punibilità se presenta tempestivamente l’istanza per accedere alle procedure per scongiurare la crisi, ma solo per danni di piccola entità.

In questo modo il legislatore riduce sensibilmente la pressione penale per eventi di modesta entità e rilevanza sempre nell’ottica di favorire la ripresa dell’attività imprenditoriale.

Si attende ora la pubblicazione della riforma fallimentare con il testo del nuovo per identificare in termini precisi i termini di entrata in vigore delle novità. Il codice sarà operativo dopo 18 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

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